Le belle lettere di Charlotte Delbo (Il filo di Arianna, 2022 prima edizione in italiano) alla Sala Galmozzi

Nel 1954 in Algeria cominciano quelle operazioni militari che le autorità si ostinano a non chiamare guerra e che raggiungono il parossismo tra il 1957 e il 1959. Come nel 1941, Delbo, lontana dal suo paese per motivi di lavoro, sente l’esigenza di tornare e prendere posizione dentro la propria collettività. Nel 1960 lascia l’Onu di Ginevra, rientra a Parigi e si dedica alla ricerca del materiale per la scrittura di un libro in cui la sua voce di sopravvissuta di Auschwitz possa farsi eco delle voci che agitano il presente. Nel 1961 escono Les Belles Lettres (Le Belle Lettere): un’antologia suis generis di lettere apparse su giornali e riviste scelte da Delbo, sopravvissuta ad Auschwitz, per “dare a sentire, portare a consapevolezza”  le voci di dissenso contrarie a quelle operazioni militari che le autorità francesi si ostinavano a non chiamare guerra e  che avevano l’obbiettivo di soffocare con tutti i mezzi, anche la tortura e i campi, le spinte all’indipendenza e alla decolonizzazione dell’Algeria. L’ultima delle belle lettere è costituita dalle poche parole semplici di un condannato a morte, indirizzate alla moglie nel breve tempo concesso prima dell’esecuzione. Davvero quella che è testimoniata qui “non è una disputa tra intellet­tuali e ministri”, ma una grande argomentazione in forma collettiva, orchestrata con precisione da Delbo, sulla responsabilità individuale e po­litica di fronte alla Ragion di Stato.

Nel sessantesimo anniversario della dichiarazione di indipendenza dell’Algeria, Il filo d’Arianna e l’Isrec hanno voluto pubblicare la traduzione italiana del libro Les belles lettres di Charlotte Delbo  (a cura di Elisabetta Ruffini e con la traduzione di Andrea Pioselli) e la sua presentazione è l’occasione per tornare a riflettere da punti di vista diversi  sui grandi temi che questo primo libro di Delbo solleva: la memoria, la vigilanza e la poesia come linguaggio dell’esperienza.

Charlotte Delbo (1913-1985), segretaria di Louis Jouvet e assistente di Henri Lefebvre, ha partecipato alla Resistenza francese ed è stata deportata il 24 gennaio 1943: prima ad Auschwitz e poi a Ravensbrück. A vent’anni dal suo ritorno dai campi pubblica Aucun de nous ne reviendra, destinato a diventare il primo tomo della trilogia Auschwitz et après. Senza mai voler essere solo testimone, Delbo si è impegnata per tutta la sua vita in un lavoro che intreccia memoria e creazione e sfocia in una vasta opera letteraria, in cui il passato è pungo­lo per la vigilanza sul presente. Il filo di Arianna ha già pubblicato Spettri, miei compagni, Kalavryta delle mille Antigoni, Nessuno di noi ritornerà, il catalogo Charlotte Delbo, una memoria mille voci.

Discuteranno del libro insieme alla curatrice Elisabetta Ruffini studiosa di Delbo e direttrice dell’Isrec Bg:

Francesco Mazzucotelli è docente presso l’università di Pavia. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Istituzioni e Politiche presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano con uno studio su Islam e modernità: dottrine e prassi nella comunità sciita libanese riguardante i processi di mobilitazione politica e sociale tra la popolazione sciita nel Libano contemporaneo. Ha studiato e svolto attività di ricerca presso la American University of Beirut. I suoi ambiti di ricerca e di interesse vertono sui processi identitari, sulla politicizzazione delle identità etniche e confessionali, sulla costruzione del modello istituzionale confessionalista, e sul ruolo degli spazi urbani e dei processi di urbanizzazione nei processi di inclusione e di marginalizzazione politica e sociale. Membro della Società per gli studi sul Medio Oriente (SeSaMO) fa parte del direttivo dell’Associazione per lo studio in Italia del Caucaso e dell’Asia Centrale (ASIAC). Ha collaborato con le testate “Limes”, “Babelmed”, “Equilibri”. È stato inoltre ricercatore presso il Centro Militare di Studi Strategici (CeMiSS). Lavora su una varietà di argomenti relativi al Vicino Oriente nel diciannovesimo e ventesimo secolo. Nel 2021 con Rosita Di Peri ha pubblicato per la Mondadori Università il manuale Guida alla politica mediorientale

Caterina Roggero è assegnista di ricerca storica – Nord Africa e Medio Oriente –  all’Università degli studi di Milano Bicocca presso il Dipartimento di scienze umane per la formazione “Riccardo Massa”. I suoi settori di interesse riguardano la storia contemporanea e l’attualità politico-sociale del Nord Africa; la storia contemporanea delle relazioni tra Maghreb e Machrek; la  decolonizzazione; le Relazioni internazionali dell’area euromediterranea e i  sistemi di governo nel mondo arabo. Docente ospite per lezioni singole di storia dell’Algeria contemporanea, storia dell’Africa del Nord e storia delle relazioni euro-mediterranee presso varie università e istituzioni, collabora con diverse testate radio e giornalistiche nazionali come esperta o inviata per le questioni relative al Nord Africa.  Ha al suo attivo numerosi saggi su riviste –  in particolare segnaliamo “Il ruolo dei militari in politica nei primi anni dell’Algeria indipendente”, in Caterina Roggero (a cura di), Tra mito, storia e attualità: i sessant’anni della Rivoluzione algerina, numero speciale de “Il Ponte”, autunno 2022 – e diverse pubblicazioni tra cui citiamo L’Algeria e il Maghreb. La guerra di liberazione e l’unità regionale, Milano, Mimesis, 2012; con Gian Paolo Calchi Novati, Storia dell’Algeria indipendente. Dalla guerra di liberazione a Bouteflika, Giunti-Bompiani, 2014; Storia del Nord Africa indipendente. Tra imperialismi, nazionalismi, autoritarismi, Giunti-Bompiani, 2019 e da ultimo la postfazione storica alla nuova edizione Einaudi, uscita quest’anno, di Henri Alleg, La Tortura, con prefazione di Jean-Paul Sartre. 

Claudio Jampaglia è giornalista, autore, regista e produttore. Ha lavorato per quotidiani e riviste nazionali italiane e collaborato con emittenti radiofoniche e programmi televisivi nazionali e locali. Ha scritto vari libri tra cui citiamo la cura del volume Perché non sono nata coniglio un progetto di scrittura collettiva dedicato alla storia di Lydia Franceschi (Edizioni Allegre, 2020) e con Emilio Molinari, Salvare l’acqua. Contro la privatizzazione dell’acqua in Italia, Feltrinelli 2010. Per quanto riguarda la sua attività di regista ricordiamo il documentario  Our war (2016) assieme a Benedetta Argentieri e Bruno Chiaravalloti presentato fuori concorso alla Biennale di Venezia del 2016.  Da diversi anni è giornalista  caposervizio  a Radio Popolare di Milano ed è amministratore delegato di Possibile Film, società indipendente di produzione di film e documentari (da vedere senz’altro su RaiPlay I am revolution di Benedetta Argentieri)  e  partecipa ad un gruppo di ricercatori e film-maker chiamato GeoTelling. In radio tra l’altro è  il conduttore di Guarda che lune – riuscitissima trasmissione sulla comunicazione – con Giuseppe Mazza ospite fisso, in onda ogni lunedì dalle 7,45 alle 8,30.

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