Assoluzione anche in Cassazione per Angelo Bendotti

Teniamo a informare soci e pubblico che in data 9 settembre 2019 il giudizio della Corte di Cassazione ha chiuso con un’assoluzione (annullando senza rinvio) la vicenda giudiziaria che dal 2013 sta coinvolgendo il nostro presidente, Angelo Bendotti, denunciato per diffamazione per alcune righe di I giorni alti – Bepi Lanfranchi e i suoi compagni. Molti soci ricordano la complessa vicenda e lasciamo a chi volesse ripercorrerne il filo leggere l’accurato articolo di Armando Di Landro, uscito nelle pagine “bergamasche” del Corriere della Sera il 22 ottobre, che sintetizza con chiarezza i diversi passaggi. Noi vogliamo fare solo due brevi considerazioni.

La sentenza della Corte di Cassazione ribadisce un’onestà e una serietà di lavoro che ha caratterizzato tutto il percorso di storico del nostro Presidente: i collaboratori e gli studiosi più giovani dell’Istituto conoscono la caparbietà con cui Bendotti ha sempre cercato di insegnare ad intrecciare la volontà di porre al passato domande, anche scomode, con il rispetto, franco e profondo, per donne e uomini che con le loro scelte rischiarono se stessi per la costruzione del presente in cui viviamo. Il rigore della ricerca aiuta a non avere paura di interrogare il passato nella sua complessità, è nemico della retorica, ma non è mai animato da volontà diffamatorie.

Nella sentenza della Corte di Cassazione c’è il riconoscimento di una specificità della ricerca storica che non riguarda solo Angelo Bendotti, ma può essere utile anche per altri storici. I giudici infatti riconoscono che i risultati di una ricerca storica non vanno giudicati in tribunale che può solo appurare una corretta applicazione delle procedure proprie alla ricerca storica in generale. “Il risultato della ricerca storica non è più o meno diffamatorio a seconda che sia corretto o condivisibile e lo storico non deve essere giudicato in sede penale per la valentia nella ricerca o per la perspicacia nei giudizi.” Se l’onestà intellettuale di ogni storico regola i suoi rapporti con la società, la bontà dei risultati del suo lavoro è libera dal sentire comune, dall’abitudine di pensiero del pubblico e va sostenuta o contraddetta dentro l’ambito proprio della ricerca, con altre ricerche e nel vivo del dibattito tra storici.

Conosciamo la solitudine e l’amarezza con cui, in questi lunghi anni, Bendotti ha affrontato questa vicenda e crediamo che con la sentenza della Cassazione il suo caso personale possa contribuire a garantire con ancora più forza la libertà degli storici che verranno.

Articolo del “Corriere” sull'assoluzione di Bendotti

L’articolo del “Corriere” sull’assoluzione si può leggere anche online (clicca qui per aprire il link)

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