Ancora su Locatelli

 Bergamo, 26 maggio 2015

Cari soci e amici,

da tre giorni imperversa sui giornali locali una polemica nata dal nostro comunicato con cui a qualche giorno dall’apertura della Torre dei Caduti l’Isrec ha voluto portare all’attenzione della cittadinanza e dell’Amministrazione la questione: e di Antonio Locatelli che facciamo?

Visti i toni, i commenti dei singoli, la piega che la polemica sta prendendo, la malafede che emerge tra le righe, abbiamo ripreso carta e penna per ribadire le ragioni del nostro dire, innanzitutto ai nostri soci e a quanti hanno fiducia nel nostro lavoro.

In quanto istituto di ricerca non abbiamo mai inteso aprire su Locatelli nessuna polemica politica, ma riteniamo importante anche, e forse soprattutto, di fronte ai bergamaschi più seri, a quelli più composti, non vergognarci di chiedere conto della conoscenza e della memoria che la nostra città, e potremmo dire la nostra provincia, conserva di Antonio Locatelli. La questione non è la sorte che deve essere destinata al busto di Locatelli oggi nella Torre dei Caduti: se siamo intervenuti alla vigilia dell’inaugurazione della riapertura della Torre, non è per chiedere, tardivamente, la rimozione del busto. Potremo essere i “fratelli scalmanati dell’Italia” (per usare le parole di una canzone), ma non siamo stolti: la questione è diversa e se vogliamo la possiamo declinare tanto nel tono serio che in quello che può apparire scalmanato.

Possiamo ricordare, rifacendoci alla teoria del restauro, che ogni restauro è un atto critico del presente che implica l’attribuzione di valori al passato da conservare. Per questo non è mai atto neutro. E allora non riteniamo di poco conto, né tanto meno discussione ormai archiviata, capire che valore diamo come collettività alle tracce di Locatelli in città. E’ una scelta che non riguarda il passato, né la generazione di quelli che hanno fatto la Resistenza o hanno vissuto il fascismo, è una questione che riguarda chi vive e ha il potere di prendere decisioni nel presente, chi lo costruisce per i propri figli, per rispondere alle domande di chi non sa la storia di questo paese.

Oppure possiamo riaffermare con lo spirito carico di passione, di quella propria a quanti non si vergognano a provarla pubblicamente, che non lasceremo passare nessuna occasione per denunciare e ricordare chi era Antonio Locatelli. Non è questione di essere impietosi, di non provare pietà verso il passato, ma di chiedere ai fascisti di testimoniare in quanto fascisti. Che immagine della Prima guerra mondiale emerge da Le ali del prigioniero di Locatelli? Quale era la posizione di Locatelli su Fiume? Che posizione espresse Locatelli nel suo ruolo di parlamentare dopo il delitto Matteotti? Quale idea aveva Locatelli del futuro dell’aeronautica italiana? Cosa pensava Locatelli dell’Italia proclamata Impero?

Possiamo assumere toni e atteggiamenti diversi, la sostanza non cambia: siamo un istituto di storia contemporanea, conosciamo la storia del fascismo e crediamo che sulla conoscenza, e non sui falsi miti, si debba costruire la memoria degli eroi di una città. La memoria di Locatelli mette a fuoco le contraddizioni con cui come cittadini di questo paese abbiamo fatto i conti con la storia del fascismo. Per questo riteniamo che nel Settantesimo della liberazione possiamo dirci ormai sufficientemente maturi per non dover girare troppo in fretta le pagine del passato, ma saperle meditare e squadernare nella loro complessità.

Rincuorano le lettere di sostegno che sono arrivate in questi giorni all’Isrec: non solo quelle che condividono d’istinto la passione e quelle di alcuni colleghi storici, ma anche quelle più pensierose che chiedono, per esempio come don Goffredo Zanchi, un approfondimento di conoscenza per “poi considerare se non vale la pena di ridurre la presenza pubblica” di Locatelli, o quella della nostra cittadina onoraria Liliana Segre che venendo a conoscenza delle “prodezze del fascista” esprime il suo sdegno di sopravvissuta alla discriminazione razziale dell’Italia fascista.

La storia né tanto meno gli storici sanno dare ricette sul da farsi, soluzioni pronte da mettere in pratica; ma la storia, e forse più di altre categorie gli storici, hanno il compito di non lasciare che il presente si appiattisca sulla sua sola dimensione, prendendo la profondità del passato e la libertà del futuro.

 

Isrec Bergamo

                                                             il suo presidente                                                   la sua direttrice

                                                             Angelo Bendotti                                                 Elisabetta Ruffini

Locatelli: le polemiche

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